Depressione Postpartum e Maternese

Depressione postpartum e maternese - Erica Melandri psicologa e psicoterapeuta Roma

Quali sono gli effetti della depressione postpartum sul linguaggio con cui le madri si rivolgono ai loro neonati? Come ne sono influenzati i bambini e come vi reagiscono?

1. Che cos’è il maternese?

Sin dalla vita fetale la madre scalda la sua voce con canzoncine, tiritere e filastrocche che servono al bambino per familiarizzare con il timbro, la cadenza, il ritmo e le sonorità inconfondibili del suo parlato che viene riconosciuto alla nascita. Con la nascita e fino ai primi 6 mesi di vita, la sua voce sussurrata o cantata insieme agli sguardi, ai sorrisi e alle carezze costituisce il repertorio pre-verbale su cui si fondano le prime proto-conversazioni tra lei e il suo bambino. In questa fase sono proprio gli elementi prosodici del linguaggio a essere comunicativi, più dei contenuti stessi. Non a caso i bambini mostrano una preferenza innata per il “maternese” – un tipo di linguaggio che le mamme istintivamente adottano nelle interazioni faccia a faccia con i loro bambini. I toni alti e i frequenti cambiamenti di intonazione, le frasi corte e le ripetizioni, l’enfasi sui punti interrogativi ed esclamativi conferiscono al parlato un tipico ritmo a cantilena che stimola l’attenzione del bambino portandolo a intuire gli stati d’animo e le intenzioni materne, ingaggiandolo così a interagire. La prosodia amplificata e l’esagerazione delle espressioni facciali con cui tipicamente ci si rivolge ai neonati, sono validi stimoli interattivi che orientano sulle valenze affettive della comunicazione.

2. Depressione postpartum e linguaggio affettivo: uno studio

Un recente studio australiano1 ha esaminato gli effetti della depressione postpartum sulla modulazione del tono di voce materno, sugli affetti vocalizzati, sulla quantità di parole emesse e sul tempo impiegato per rispondere ai vocalizzi dei neonati, includendo anche la misurazione dei vocalizzi dei bambini stessi.
La ricerca è stata compiuta su un gruppo di 26 mamme di bambini tra i 4-7 mesi, primogeniti e che non presentavano problemi di ordine medico. Tra queste madri 13 hanno ricevuto una diagnosi di depressione postnatale in seguito alla somministrazione di un test di screening, le restanti 13 non presentavano tale sintomatologia. Entrambi i gruppi di mamme erano omogenei per quanto riguarda etnia, età materna ed età dei bambini, status culturale e relazionale.
Le coppie madre-bambino sono state audioregistrate durante una sessione di gioco libero (scelto perché permette alle madri di interagire spontaneamente coi loro bambini e di decidere come e con quali giocattoli giocare). Alle madri era stato chiesto di “giocare e passare del tempo con (nome del bambino) come avrebbero fatto normalmente a casa” per circa 5 minuti.

3. Risultati

Rispetto alle madri depresse, le madri non depresse usavano un tono di voce mediamente più elevato, parlavano di più e rispondevano in modo più veloce e tempestivo agli stimoli dei loro bambini (risposte entro i 2 secondi forniscono un supporto ottimale all’interazione sociale) esprimendo col tono di voce delle valenze affettive più positive e un maggior livello di attivazione fisiologica. È emerso infine un certo grado di sovrapposizione tra gli interventi materni e quelli dei bambini, quando l’uno iniziava a interagire prima che l’altro avesse finito di parlare, denotando una certa dose di energia comunicativa.
Al contrario le madri depresse presentavano meno variazioni nel tono di voce, che generalmente risultava più piatto, una minor amplificazione del linguaggio che quindi veicolava un ridotto numero di affetti positivi e una serie di risposte rallentate e meno sincronizzate agli stimoli dei loro bambini. Non solo le madri depresse intervenivano di meno rispetto alle madri senza sintomatologia, ma esprimevano anche meno contenuti affettivi e informativi quando si rivolgevano ai loro bambini.
I figli delle madri depresse, dal canto loro, esprimevano le loro vocalizzazioni, i pianti e i balbettii la metà delle volte degli altri bambini, presentavano meno variazioni nel tono dei loro vocalizzi e, inoltre, avevano una scarsissima soglia di sovrapposizione con il parlato materno. È possibile comprendere questi risultati come una conseguenza del minor numero di input comunicativi forniti dalle madri sintomatiche e di una maggiore latenza nel tempo di risposta ai loro bambini: rispondere in modo puntuale e sintonizzato agli stimoli vocali del bambino gli offre, al contrario, una fonte positiva di rinforzo che lo incentiva a partecipare allo scambio col genitore.

4. Accordare un’orchestra

Durante la gravidanza e nel postpartum i grandi cambiamenti che il nucleo familiare è chiamato ad affrontare possono innescare delle difficoltà emotive e relazionali che spesso vengono espresse da una sintomatologia depressiva materna. La depressione postpartum infatti è una questione familiare, da non ricondurre solo alla donna e alla sua storia, né da intendere come il prodotto del suo contesto relazionale e familiare: essa risiede piuttosto nell’incontro tra queste due parti. D’altra parte la genitorialità, oltre ad essere un processo personale, è l’espressione di un progetto di coppia.
In questa cornice di significato, i sintomi depressivi materni che possono declinarsi in un appiattimento della comunicazione degli affetti tra madre e bambino, visibili in modo tangibile in forme meno fluide e colorate di maternese, devono essere intesi come i bersagli di una cura che coinvolge tutto il nucleo famigliare. Per usare un’immagine è come se per produrre una buona sinfonia non bastasse accordare solo la voce della madre, ma l’intera orchestra familiare.

1 Lam-Cassettari C, Kohlhoff J (2020) Effect of maternal depression on infant-directed speech to prelinguistic infants: Implications for language development. PLoS ONE 15(7): e0236787

 

Depressione postpartum e maternese - Erica Melandri psicologa e psicoterapeuta Roma

Quali sono gli effetti della depressione postpartum sul linguaggio con cui le madri si rivolgono ai loro neonati? Come ne sono influenzati i bambini e come vi reagiscono?

1. Che cos’è il maternese?

Sin dalla vita fetale la madre scalda la sua voce con canzoncine, tiritere e filastrocche che servono al bambino per familiarizzare con il timbro, la cadenza, il ritmo e le sonorità inconfondibili del suo parlato che viene riconosciuto alla nascita. Con la nascita e fino ai primi 6 mesi di vita, la sua voce sussurrata o cantata insieme agli sguardi, ai sorrisi e alle carezze costituisce il repertorio pre-verbale su cui si fondano le prime proto-conversazioni tra lei e il suo bambino. In questa fase sono proprio gli elementi prosodici del linguaggio a essere comunicativi, più dei contenuti stessi. Non a caso i bambini mostrano una preferenza innata per il “maternese” – un tipo di linguaggio che le mamme istintivamente adottano nelle interazioni faccia a faccia con i loro bambini. I toni alti e i frequenti cambiamenti di intonazione, le frasi corte e le ripetizioni, l’enfasi sui punti interrogativi ed esclamativi conferiscono al parlato un tipico ritmo a cantilena che stimola l’attenzione del bambino portandolo a intuire gli stati d’animo e le intenzioni materne, ingaggiandolo così a interagire. La prosodia amplificata e l’esagerazione delle espressioni facciali con cui tipicamente ci si rivolge ai neonati, sono validi stimoli interattivi che orientano sulle valenze affettive della comunicazione.

2. Depressione postpartum e linguaggio affettivo: uno studio

Un recente studio australiano1 ha esaminato gli effetti della depressione postpartum sulla modulazione del tono di voce materno, sugli affetti vocalizzati, sulla quantità di parole emesse e sul tempo impiegato per rispondere ai vocalizzi dei neonati, includendo anche la misurazione dei vocalizzi dei bambini stessi.
La ricerca è stata compiuta su un gruppo di 26 mamme di bambini tra i 4-7 mesi, primogeniti e che non presentavano problemi di ordine medico. Tra queste madri 13 hanno ricevuto una diagnosi di depressione postnatale in seguito alla somministrazione di un test di screening, le restanti 13 non presentavano tale sintomatologia. Entrambi i gruppi di mamme erano omogenei per quanto riguarda etnia, età materna ed età dei bambini, status culturale e relazionale.
Le coppie madre-bambino sono state audioregistrate durante una sessione di gioco libero (scelto perché permette alle madri di interagire spontaneamente coi loro bambini e di decidere come e con quali giocattoli giocare). Alle madri era stato chiesto di “giocare e passare del tempo con (nome del bambino) come avrebbero fatto normalmente a casa” per circa 5 minuti.

3. Risultati

Rispetto alle madri depresse, le madri non depresse usavano un tono di voce mediamente più elevato, parlavano di più e rispondevano in modo più veloce e tempestivo agli stimoli dei loro bambini (risposte entro i 2 secondi forniscono un supporto ottimale all’interazione sociale) esprimendo col tono di voce delle valenze affettive più positive e un maggior livello di attivazione fisiologica. È emerso infine un certo grado di sovrapposizione tra gli interventi materni e quelli dei bambini, quando l’uno iniziava a interagire prima che l’altro avesse finito di parlare, denotando una certa dose di energia comunicativa.
Al contrario le madri depresse presentavano meno variazioni nel tono di voce, che generalmente risultava più piatto, una minor amplificazione del linguaggio che quindi veicolava un ridotto numero di affetti positivi e una serie di risposte rallentate e meno sincronizzate agli stimoli dei loro bambini. Non solo le madri depresse intervenivano di meno rispetto alle madri senza sintomatologia, ma esprimevano anche meno contenuti affettivi e informativi quando si rivolgevano ai loro bambini.
I figli delle madri depresse, dal canto loro, esprimevano le loro vocalizzazioni, i pianti e i balbettii la metà delle volte degli altri bambini, presentavano meno variazioni nel tono dei loro vocalizzi e, inoltre, avevano una scarsissima soglia di sovrapposizione con il parlato materno. È possibile comprendere questi risultati come una conseguenza del minor numero di input comunicativi forniti dalle madri sintomatiche e di una maggiore latenza nel tempo di risposta ai loro bambini: rispondere in modo puntuale e sintonizzato agli stimoli vocali del bambino gli offre, al contrario, una fonte positiva di rinforzo che lo incentiva a partecipare allo scambio col genitore.

4. Accordare un’orchestra

Durante la gravidanza e nel postpartum i grandi cambiamenti che il nucleo familiare è chiamato ad affrontare possono innescare delle difficoltà emotive e relazionali che spesso vengono espresse da una sintomatologia depressiva materna. La depressione postpartum infatti è una questione familiare, da non ricondurre solo alla donna e alla sua storia, né da intendere come il prodotto del suo contesto relazionale e familiare: essa risiede piuttosto nell’incontro tra queste due parti. D’altra parte la genitorialità, oltre ad essere un processo personale, è l’espressione di un progetto di coppia.
In questa cornice di significato, i sintomi depressivi materni che possono declinarsi in un appiattimento della comunicazione degli affetti tra madre e bambino, visibili in modo tangibile in forme meno fluide e colorate di maternese, devono essere intesi come i bersagli di una cura che coinvolge tutto il nucleo famigliare. Per usare un’immagine è come se per produrre una buona sinfonia non bastasse accordare solo la voce della madre, ma l’intera orchestra familiare.

1 Lam-Cassettari C, Kohlhoff J (2020) Effect of maternal depression on infant-directed speech to prelinguistic infants: Implications for language development. PLoS ONE 15(7): e0236787