Prematurità

Prematurità - Erica Melandri psicologa e psicoterapeuta Roma

Che cos'è la prematurità?

Un bambino è definito prematuro quando nasce prima della 37º settimana gestazionale.
Esistono quattro livelli di prematurità:
estremamente pretermine (prima della 28° settimana);
molto pretermine (dalla 28° alla 31° settimana+6 giorni);
lievemente pretermine (dalla 32° alla 33° settimana+6 giorni);
quasi a termine (dalla 34° alla 36° settimana+6 giorni).

Una nascita prematura è un evento inatteso e di grande portata emotiva che può declinarsi come un
fattore di rischio per la neo-genitorialità.

Quali sono le sfide dei genitori di prematuri?

Se ogni volta che nasce un bambino i genitori devono imparare a sostituire il bambino immaginato con quello reale, nei casi di prematurità questo compito è ancora più cogente e complesso. Soprattutto nei casi di prematurità estrema è difficile riconoscere che questi neonati sono effettivamente bambini: il basso peso alla nascita, l’insieme di cannule, elettrodi e sensori dei macchinari delle TIN, la cute sottile e il ridotto tono muscolare contribuiscono a connotarli diversamente dall’immaginario con cui solitamente pensiamo ai neonati.

Alla nascita, inoltre, in molti casi i genitori non possono toccarli se non con determinate accortezze: si instaura sin da subito un’esperienza di corporeità negata che si allinea al rimpianto, riportato di frequente dalle madri, di non aver portato la pancia fino alla fine dei 9 mesi e, in taluni casi, anche di non essere riuscite ad allattare. Se i dati sensoriali del conoscersi (sentire l’odore del proprio bambino, toccarlo, vederlo) mancano o sono compromessi, allora anche la genitorialità rimane sospesa: sono diventato genitore, ma in pratica non lo sono ancora del tutto.

Quali sono le emozioni dei genitori di prematuri?

I genitori di nati pretermine non hanno bisogno solo di informazioni su come curarli (per le vulnerabilità fisiche che spesso si associano alla prematurità), ma anche di sostegno emotivo per prendersene cura. Le loro competenze genitoriali sono messe a dura prova al punto che possono sentirsi di continuo sotto esame. Le mamme spesso si portano dentro il “peccato originale”: se è nato pretermine è colpa mia. Questo vissuto di colpa, se non elaborato, può perpetuarsi portandole a cronicizzare il pensiero di essere quelle che hanno “guastato” il loro bambino e ciò crea non pochi ostacoli nell’assumersi il ruolo genitoriale. I rischi sono quelli di cadere in uno stile di accudimento improntato all’ipercura o, al contrario, caratterizzato da atteggiamenti evitanti per proteggere il bambino. Assieme alle madri, anche i padri devono essere sostenuti, sia per tutelare la loro funzione paterna, sia il loro ruolo di custodi della diade madre-bambino.

Prematurità - Erica Melandri psicologa e psicoterapeuta Roma

Che cos'è la prematurità?

Un bambino è definito prematuro quando nasce prima della 37º settimana gestazionale.
Esistono quattro livelli di prematurità:
estremamente pretermine (prima della 28° settimana);
molto pretermine (dalla 28° alla 31° settimana+6 giorni);
lievemente pretermine (dalla 32° alla 33° settimana+6 giorni);
quasi a termine (dalla 34° alla 36° settimana+6 giorni).

Una nascita prematura è un evento inatteso e di grande portata emotiva che può declinarsi come un
fattore di rischio per la neo-genitorialità.

Quali sono le sfide dei genitori di prematuri?

Se ogni volta che nasce un bambino i genitori devono imparare a sostituire il bambino immaginato con quello reale, nei casi di prematurità questo compito è ancora più cogente e complesso. Soprattutto nei casi di prematurità estrema è difficile riconoscere che questi neonati sono effettivamente bambini: il basso peso alla nascita, l’insieme di cannule, elettrodi e sensori dei macchinari delle TIN, la cute sottile e il ridotto tono muscolare contribuiscono a connotarli diversamente dall’immaginario con cui solitamente pensiamo ai neonati.

Alla nascita, inoltre, in molti casi i genitori non possono toccarli se non con determinate accortezze: si instaura sin da subito un’esperienza di corporeità negata che si allinea al rimpianto, riportato di frequente dalle madri, di non aver portato la pancia fino alla fine dei 9 mesi e, in taluni casi, anche di non essere riuscite ad allattare. Se i dati sensoriali del conoscersi (sentire l’odore del proprio bambino, toccarlo, vederlo) mancano o sono compromessi, allora anche la genitorialità rimane sospesa: sono diventato genitore, ma in pratica non lo sono ancora del tutto.

Quali sono le emozioni dei genitori di prematuri?

I genitori di nati pretermine non hanno bisogno solo di informazioni su come curarli (per le vulnerabilità fisiche che spesso si associano alla prematurità), ma anche di sostegno emotivo per prendersene cura. Le loro competenze genitoriali sono messe a dura prova al punto che possono sentirsi di continuo sotto esame. Le mamme spesso si portano dentro il “peccato originale”: se è nato pretermine è colpa mia. Questo vissuto di colpa, se non elaborato, può perpetuarsi portandole a cronicizzare il pensiero di essere quelle che hanno “guastato” il loro bambino e ciò crea non pochi ostacoli nell’assumersi il ruolo genitoriale. I rischi sono quelli di cadere in uno stile di accudimento improntato all’ipercura o, al contrario, caratterizzato da atteggiamenti evitanti per proteggere il bambino. Assieme alle madri, anche i padri devono essere sostenuti, sia per tutelare la loro funzione paterna, sia il loro ruolo di custodi della diade madre-bambino.

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