Ciao Mamma, Io Vado all'Asilo!
Affrontare l'ingresso al nido e alla scuola d'infanzia

L’ingresso al nido o alla scuola d’infanzia rappresenta un momento che riguarda tutta la famiglia.
In molti casi, infatti, si tratta del primo vero distacco tra genitori e figli e, soprattutto nel caso dei più piccoli, della prima separazione dalla bolla simbiotica con la madre.
In ogni struttura è ormai previsto un periodo di inserimento con mamma o papà per aiutare il bambino ad ambientarsi: sarebbe importante lasciarlo con gradualità, non andarsene via senza avvisarlo (anche se è tranquillo in quel momento), cercare di riprenderlo con puntualità e lasciargli un oggetto familiare per rassicurarlo.
Al di là di queste utili indicazioni, mi sembra importante che il genitore si conceda uno spazio per ascoltarsi mentre attraversa questo cambiamento.
Winnicott, un noto psicoanalista, parlava di preoccupazione materna primaria per indicare uno stato di chiusura della madre su se stessa, necessario affinché diventi ricettiva e sensibile ai bisogni del neonato al punto da riuscire ad anticiparli. L’autore sottolineava l’importanza per le madri di raggiungere questo stato, per poi guarirne. Su questa linea, guarire è inteso come riadattarsi a essere una e accettare il distacco. Più o meno consapevolmente infatti può succedere di avere delle resistenze a fidarsi a lasciare proprio figlio. Questa sfiducia in molti casi è l’espressione autentica di una difficoltà personale a separarsi (che per ognuno avrà significati specifici) e che più spesso viene misconosciuta e proiettata su bersagli più attaccabili come la professionalità o l’esperienza delle educatrici, gli stili pedagogici e così via.
Può capitare di sentirsi in colpa nel chiudersi la porta dell’asilo alle spalle nonostante le proteste del proprio bambino; nello stesso tempo chiuderla può anche essere un modo per riappropriarsi di un tempo per sé che sembrava perduto, e anche questo sollievo può essere fonte di biasimo.
Il colpo di coda è dato dalla gelosia che i genitori potrebbero sperimentare al pensiero che il bambino – auspicabilmente – si affezioni a una figura di riferimento che si prende cura di lui con modalità affettuose e materne.
Fare luce sui propri sentimenti ambivalenti può aiutare a contenere le ansie che inevitabilmente accompagnano il cambiamento e quindi a trasmettere più tranquillità al bambino che muove i primi e incerti passi verso un’iniziale autonomia.
Fa riflettere il fatto che quando i bambini acquisiscono le prime capacità di deambulazione, se da un lato vivono con frenesia la nuova conquista, dall’altro si spaventano perché intuiscono che stanno crescendo e che possono letteralmente allontanarsi dalla mamma e dal papà. Tale preoccupazione si manifesta quando, mentre muovono i primi passi, si voltano ripetutamente per monitorare la presenza dei genitori. Spesso in corrispondenza di nuove acquisizioni o di evoluzioni – come l’ingresso al nido o alla scuola d’infanzia – si possono verificare infatti delle apparenti regressioni (come tornare a bagnare il letto dopo aver tolto il pannolino). Se si gratta un po’ la superficie si nota che questi episodi non sono tanto regressioni, quanto i segnali dell’avvenuto riconoscimento di un progresso che spaventa molto pur essendo anche tanto desiderato. In un certo senso è come se il bambino avesse bisogno di sperimentare che può ancora essere piccolo come prima trovando, nel migliore dei casi, la complicità dei genitori che lo rassicurano, lo coccolano e sono disponibili a rimettergli il pannolino per dargli la serenità necessaria per andare avanti. Al contrario, se i genitori reagissero arrabbiandosi o sgridandolo (“Vergognati!”) o si accanissero nel farlo andare avanti, sarebbe come pretendere di comprimere una molla in un piccolo spazio finendo però con l’effetto di darle ancora più slancio, nella fattispecie aumentare il loro bisogno di sentirsi più piccoli. In casi peggiori, il bambino potrebbe sviluppare un’immagine di sé come incapace di affrontare le cose “da grandi” con ripercussioni a lungo termine.
In fondo anche gli adulti necessitano di far fronte ai cambiamenti con gradualità, con il sostegno degli altri e qualche volta facendo dei passi indietro. Come possiamo non pretenderlo dai nostri figli?
Nei punti di snodo della crescita, come l’ingresso al nido o alla scuola d’infanzia, i genitori dovrebbero incoraggiare i bisogni di crescita dei figli, sia a livello verbale che non verbale, assecondando anche i loro bisogni di rassicurazione. A queste condizioni il bambino potrà compiere con serenità e fiducia un nuovo passo nel mondo.

L’ingresso al nido o alla scuola d’infanzia rappresenta un momento che riguarda tutta la famiglia.
In molti casi, infatti, si tratta del primo vero distacco tra genitori e figli e, soprattutto nel caso dei più piccoli, della prima separazione dalla bolla simbiotica con la madre.
In ogni struttura è ormai previsto un periodo di inserimento con mamma o papà per aiutare il bambino ad ambientarsi: sarebbe importante lasciarlo con gradualità, non andarsene via senza avvisarlo (anche se è tranquillo in quel momento), cercare di riprenderlo con puntualità e lasciargli un oggetto familiare per rassicurarlo.
Al di là di queste utili indicazioni, mi sembra importante che il genitore si conceda uno spazio per ascoltarsi mentre attraversa questo cambiamento.
Winnicott, un noto psicoanalista, parlava di preoccupazione materna primaria per indicare uno stato di chiusura della madre su se stessa, necessario affinché diventi ricettiva e sensibile ai bisogni del neonato al punto da riuscire ad anticiparli. L’autore sottolineava l’importanza per le madri di raggiungere questo stato, per poi guarirne. Su questa linea, guarire è inteso come riadattarsi a essere una e accettare il distacco. Più o meno consapevolmente infatti può succedere di avere delle resistenze a fidarsi a lasciare proprio figlio. Questa sfiducia in molti casi è l’espressione autentica di una difficoltà personale a separarsi (che per ognuno avrà significati specifici) e che più spesso viene misconosciuta e proiettata su bersagli più attaccabili come la professionalità o l’esperienza delle educatrici, gli stili pedagogici e così via.
Può capitare di sentirsi in colpa nel chiudersi la porta dell’asilo alle spalle nonostante le proteste del proprio bambino; nello stesso tempo chiuderla può anche essere un modo per riappropriarsi di un tempo per sé che sembrava perduto, e anche questo sollievo può essere fonte di biasimo.
Il colpo di coda è dato dalla gelosia che i genitori potrebbero sperimentare al pensiero che il bambino – auspicabilmente – si affezioni a una figura di riferimento che si prende cura di lui con modalità affettuose e materne.
Fare luce sui propri sentimenti ambivalenti può aiutare a contenere le ansie che inevitabilmente accompagnano il cambiamento e quindi a trasmettere più tranquillità al bambino che muove i primi e incerti passi verso un’iniziale autonomia.
Fa riflettere il fatto che quando i bambini acquisiscono le prime capacità di deambulazione, se da un lato vivono con frenesia la nuova conquista, dall’altro si spaventano perché intuiscono che stanno crescendo e che possono letteralmente allontanarsi dalla mamma e dal papà. Tale preoccupazione si manifesta quando, mentre muovono i primi passi, si voltano ripetutamente per monitorare la presenza dei genitori. Spesso in corrispondenza di nuove acquisizioni o di evoluzioni – come l’ingresso al nido o alla scuola d’infanzia – si possono verificare infatti delle apparenti regressioni (come tornare a bagnare il letto dopo aver tolto il pannolino). Se si gratta un po’ la superficie si nota che questi episodi non sono tanto regressioni, quanto i segnali dell’avvenuto riconoscimento di un progresso che spaventa molto pur essendo anche tanto desiderato. In un certo senso è come se il bambino avesse bisogno di sperimentare che può ancora essere piccolo come prima trovando, nel migliore dei casi, la complicità dei genitori che lo rassicurano, lo coccolano e sono disponibili a rimettergli il pannolino per dargli la serenità necessaria per andare avanti. Al contrario, se i genitori reagissero arrabbiandosi o sgridandolo (“Vergognati!”) o si accanissero nel farlo andare avanti, sarebbe come pretendere di comprimere una molla in un piccolo spazio finendo però con l’effetto di darle ancora più slancio, nella fattispecie aumentare il loro bisogno di sentirsi più piccoli. In casi peggiori, il bambino potrebbe sviluppare un’immagine di sé come incapace di affrontare le cose “da grandi” con ripercussioni a lungo termine.
In fondo anche gli adulti necessitano di far fronte ai cambiamenti con gradualità, con il sostegno degli altri e qualche volta facendo dei passi indietro. Come possiamo non pretenderlo dai nostri figli?
Nei punti di snodo della crescita, come l’ingresso al nido o alla scuola d’infanzia, i genitori dovrebbero incoraggiare i bisogni di crescita dei figli, sia a livello verbale che non verbale, assecondando anche i loro bisogni di rassicurazione. A queste condizioni il bambino potrà compiere con serenità e fiducia un nuovo passo nel mondo.